mercoledì 22 gennaio 2014

Emis Killa, capsule collection con Happiness: "Il mio stile in continua evoluzione"




Rapper in rampa di lancio, Emiliano Rudolf Giambelli, in arte Emis Killa, 24 anni, firma una capsule collection con Happiness. 
Come nasce il progetto Happiness?
«Da una collaborazione: loro cureranno alcuni capi del mio merchandising e io ho concesso la mia immagine. Sono un fan di Happiness da sempre, quindi sono contento della collaborazione».  Quali ispirazioni hai dato al brand?
«Abbiamo giocato molto sull’immagine di Emis Killa. Ad esempio, la felpa della capsule collection ritrae pitbull e ha il numero 89: i pitbull sono miei e l’89 è il mio anno di nascita, ma se non lo sai è una felpa universale».   Come definisci il tuo stile?
«Sempre in evoluzione. A volte mi piace l’idea indossare la camicia con le bretelle e pettinarmi da gangster anni '50; altre volte indosso jeans, sneakers, "New Era” e gingilli come collane, orecchini, anelli e orologiazzi. Di certo non rinuncio a un tocco di appariscenza».  C'è un capo a cui non rinunceresti?
«Senza una bella cintura mi sento “vuoto”, incompleto».  A tuo parere quanta importanza danno alla moda i giovani della tua generazione?
«Non saprei, sono cresciuto tra gente che viveva situazioni economiche poco floride. Di certo ci sono giovanissimi che si appassionano alla moda sin da subito ma io sono solo “uno zarro” a cui piacciono i vestiti, di moda vera ne so poco».  Un capo irrinunciabile per la tua ragazza ideale?
«Tacchi alti un chilometro».  Cosa rappresentano per te i tatuaggi?
«Sono una forma di espressione, ma anche un segno della propria immagine. È vero che i tattoo hanno un significato e i miei sono quasi tutti collegati ad avvenimenti personali, ma mi tatuo perché mi piacciono i tattoo, semplicemente».  Musica e immagine. Quanto si influenzano?
«Devono andare di pari passo. Se sei un ragazzo poco attraente non puoi fare il rapper sciupafemmine. Come io non posso fare il rapper hardcore. Non mi crederebbe nessuno se facessi testi cupi da disagiato del ghetto, non ora che il mio successo è sotto gli occhi di tutti».

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